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Performing media e innovazione adattiva: nuovi linguaggi e nuovi comportamenti

Performing media è una definizione coniata nel 2001 da Carlo Infante, changemaker e docente. Si riferisce ad un campo di ricerca che rilegge la progettazione culturale attraverso le caratteristiche proprie dei nuovi media: interattività, ipertestualità e connettività. Trova origine nell’ambito delle culture dell’arte interattiva, della cyberperformance e ancora prima del teatro di ricerca affinato ai media, ma ad oggi riguarda sempre più la condizione antropologica dell’individuo che vive lo sviluppo di quelle tecnologie abilitanti di per sé “performanti”.

Le tecnologie, mobili e personalizzate (si pensi banalmente ai nostri smartphone), determinano un rapporto uomo-macchina sempre più simbiotico e fluido grazie anche alla loro semplicità d’uso; le tecnologie sono ormai davvero – per dirla con le parole di McLuhan – un’estensione (protesi) del corpo. Continuando a seguire il ragionamento del sociologo, possiamo affermare che esse sono responsabili delle caratteristiche fondamentali di una cultura, della visione del mondo e dell’assetto psico-percettivo dei singoli individui.

L’evoluzione tecnologica si inserisce nel più ampio processo di evoluzione umana: uomo e tecnosfera co-evolvono contestualmente assottigliando sempre più le frontiere tra naturale ed artificiale, reale e virtuale, materiale ed immateriale; le interfacce uomo/macchina si smaterializzano progressivamente rendendo l’interazione più rapida: si pensi, ad esempio, ai dispositivi wearable.

Wearable Technology

Secondo Derrick De Kerckhove, sociologo e direttore scientifico di MediaDuemila, è possibile definire psicotecnologia una qualunque tecnologia emuli, estenda o amplifichi il potere della nostra mente: le tecnologie interattive rientrano a pieno titolo in questa definizione. L’ipertestualità sta riqualificando i processi cognitivi; l’interattività sta reinventando le condizioni della prossemica; la connettività sta potenziando la natura delle relazioni sociali.

Performing media è un concetto evolutivo, comporta una nuova sensibilità che permette d’interpretare l’innovazione digitale e l’utilizzo delle tecnologie come un’espansione delle possibilità di comunicazione. Esprimere la performatività dei media interattivi comporta una nuova attenzione alla performance sul campo della progettazione di eventi e piattaforme cross-mediali per l’interazione tra reti (umane e non) e territorio.

La progettazione Performing media si esprime mediante format innovativi che si orientano verso l’innovazione sociale: l’idea di fondo sta nell’esplicitare le potenzialità sociali delle tecnologie interattive attraverso azioni nei luoghi e non solo con navigazioni on line, organizzando eventi che rendano evidente la relazione tra rete e territorio. L’aspetto da sottolineare è che il web è a tutti gli effetti un spazio pubblico, ma è fondamentale mantenere l’interazione con quello spazio pubblico “tradizionalmente inteso” ed espresso dal territorio con tutte le sue valenze sociali, politiche e culturali. Una dimensione glocal, che sia cioè in grado di concentrarsi contemporaneamente sulla dimensione globale o planetaria e su quella locale.

Performing media è anche un progetto triennale in corso fino al 2022, – promosso da Roma Culture, dal Dipartimento Attività Culturali di Roma Capitale e portato avanti da Urban Experience – che si sviluppa in una ricognizione teorica ed esperienziale, ludica e partecipativa, basata sull’“apprendimento dappertutto” con azioni di streaming webradio, geopodcasting, geoblog e walkabout (esplorazioni partecipate e senzienti in cui gli utenti diventano protagonisti grazie al plus tecnologico).

Performing media, societing, art
Azioni di Performing Media Storytelling – Urban Experience

Carlo Infante – curatore del progetto Performing Media – parla di “innovazione adattiva” che comporta lo sviluppo di una nuova sensibilità nell’interazione con i sistemi digitali; un’evoluzione culturale che va ben oltre l’approccio della digitalizzazione (la mera conversione degli standard e dei supporti; un ammodernamento tecnologico). Lo scopo è quello di liberare nuovi linguaggi e nuovi comportamenti verso la digitalità: la condizione del vivere in una cultura digitale.

Performing Media e Nuvola Project

Nel contesto progettuale triennale di Performing Media si inserisce la collaborazione con Nuvola Project: progetto art-technology (a cura di Gaia Riposati e Massimo Di Leo) che indaga l’interazione con i nuovi media costruendo un ponte tra arte, pensiero e contemporaneità.

Nuvola Project lavora sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza naturale in modalità performativa: si presenta come un’installazione site-specific intelligente e interattiva, che si relaziona con il mondo e lo spazio circostante.  Utilizzando sistemi di sentiment analysis, gioca con il pubblico che può interagire con essa mediante input sonori; Nuvola, inoltre, è in grado di illuminarsi in risposta a determinati hashtag rivelando ciclicamente lo “stato d’animo del mondo” – in relazione a determinati argomenti – per ricordarci come tutto è connesso.

Per il progetto SoftScience 2021, in collaborazione con UrbanExperience, Nuvola si è evoluta colorandosi elaborando una sentiment analysis sul flusso delle conversazioni condotte dal vivo e trasmesse in streaming durante il radiowalkabout. Piccole “Nuvole” erano fisicamente presenti per mostrare dal vivo questa “connessione” con lo scopo di rendere visibile il complesso ecosistema tecnologico e sociale in cui siamo immersi, che porta alla generazione di un numero sempre crescente di dati ed eventi, delle cui implicazioni non sempre siamo pienamente consapevoli.

Fonti e Approfondimenti: Culture Digitali