societing lab

Aspettando sulla riva del fiume… un’idea di futuro

Riflessioni a partire dall’articolo di Adam Arvidsson “Il modello della Silicon Valley è in crisi per assenza di fantasia” pubblicato su Il Foglio.

Siedi lungo la riva del fiume e aspetta… Ieri è uscito su Il Foglio un articolo del nostro Adam Arvidsson che vi consigliamo di leggere dove dice una cosa che mi pare sia da meditare: “Se il modello Silicon Valley si sta esaurendo è soprattutto per questo motivo, manca un’idea di che tipo di mondo costruire con le tecnologie digitali, un’idea di un futuro diversa dal presente”.

Proviamo a scriverla così la storia: “C’era una volta un gruppo, piccolo, di ragazzi che hanno usato le risorse delle Università e della ricerca pubblica per costruirsi un unicorno -quando ancora a dire unicorno veniva in mente un MiniPony- e poi, attraverso la finanza e tutte le modalità più intelligenti di estrazione di valore che il capitalismo contemporaneo consente, sono diventate delle minacce per le nostre democrazie”.

E sempre ieri ho partecipato alla bellissima giornata di studi “Il conflitto sociale nell’era dei robot e dell’intelligenza artificiale”, organizzata da Università Cadi Ayyad di Marrakech e Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale e Università degli Studi di Roma La Sapienza.

Una giornata densa di contenuti della quale mi risuonano in testa le parole di Fabrizio Barca su come indirizzare la trasformazione digitale alla giustizia sociale scritte dal Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD) e rete “Scuola Critica del Digitale” del Centro per la Riforma dello Stato (CRS). Un vero e proprio manifesto poetico-politico addensato in un piano di lavoro che vi consiglio anch’esso di leggere e che potete scaricare qui .

Mi pare che tutte queste cose c’entrino in questa storia e c’entrano anche con l’idea che i processi creativi contribuiscano a generare un’idea di futuro se sono espressione di intelligenze collettive (umane e non, volendo).

La domanda che noi di Societing 4.0 ci stiamo facendo in questa fase è proprio come si possa usare l’intelligenza collettiva per vivere tutti meglio.

Secondo noi i processi di sviluppo in questa grande complessità che è il contemporaneo devono considerare le tecnologie come strumenti che assumono un ruolo rilevante solo quando sanno parlare con i contesti nei quali devono essere applicate per poter favorire i processi di cambiamento, per abilitare le connessioni tra diversi attori e per facilitare le persone.

Oltre gli unicorni e con una ricaduta sociale, questi processi hanno a che fare con le persone e per questo per noi è importante favorire la formazione e la crescita ecosistemica dei processi di innovazione che sono insieme tecnologici e sociali.

E dentro questi processi va sostenuta una diffusa alfabetizzazione a vantaggio di una distribuzione condivisa dei poteri e delle responsabilità delle/nelle comunità, per evitare che intelligenze artificiali -cioè intelligenze che agiscono in autonomia, attraverso le macchine o attraverso dispositivi sociali-economici-tecnici-politici-militari-religiosi… – condizionino in modo negativo la vita dell’uomo.

Peraltro, secondo noi, vanno assolutamente privilegiati sistemi aperti (open source) che consentono di modificare e migliorare in modo libero le tecnologie abilitando impieghi originali.

E va favorita la lentezza intesa come la capacità di vivere il presente in una dimensione sociale e comunitaria che sappia creare i presupposti di un sistema (sociale ed economico) ecologico, non costantemente concentrato sulla necessità di una crescita e di un’accumulazione continua ma orientato al benessere dei singoli e della collettività all’interno del loro ambiente di vita (anche naturale).

In questi anni con i nostri progetti RuralHack e anche PIDMed ne abbiamo fatto esperienza diretta, proponendo anche a persone molto distanti dalle tecnologie avanzate di prenderle in considerazione nella loro impresa, nella gestione dei dati, nei sistemi di interazione con i clienti. Abbiamo immaginato e prototipato idee di economia circolare, intelligenza artificiale, big data e IoT con migliaia di giovani agricoltori, abbiamo scoperto anche insieme agli anziani che i semi antichi sono i semi del futuro, abbiamo contribuito a far vincere uno dei 6 premi riconosciuti da Unioncamere (su 10.000 progetti) ad un gruppo di imprese del Cilento che basano la loro attività sul turismo locale grazie alla sperimentazione di un sistema di IA e big data analytics…

Per noi il conflitto diventa un’occasione e per far capire cosa intendo può essere utile ricorre alla chiave di senso che abbiamo trovato nel Mediterraneo che per noi rimane il primo grande mezzo di comunicazione che ha fatto incontrare e scontrare culture diverse, mutuando un sistema valoriale che favorisce l’accettazione tragica del conflitto cioè l’elaborazione dei conflitti e delle differenze. Riferimento importante, oggi, per la gestione della complessità all’interno dell’infosfera, lo spazio unico che contiene la globalità delle informazioni e che, grazie alle tecnologie, rende il mondo uno spazio non troppo grande e non troppo piccolo; uno spazio dove istanze, culture e valori diversi devono imparare a convivere e sopravvivere.

Questo è quello che vediamo da qua. Ma ci pare ancora troppo poco.

Leggete l’articolo di Adam e provate a dirci: “Se il modello Silicon Valley si sta esaurendo è soprattutto per questo motivo, manca un’idea di che tipo di mondo costruire con le tecnologie digitali, un’idea di un futuro diversa dal presente”.

Secondo voi che forma può/deve avere questa idea di futuro?